Come individuare i disagi emotivi in bambini e adolescenti

Da bravi genitori si è sempre molto attenti al benessere psico-fisico dei ragazzi. Ma accade talvolta di sottovalutare o male interpretare certi loro comportamenti, soprattutto se pensiamo siano dettati solo da “capricci del momento”.
In realtà è bene sapere che i bimbi e i ragazzi fanno fatica a far capire agli adulti che provano un disagio emotivo, sicuramente sarà difficile per loro dirlo a parole. Spesso esso si presenta sotto forma di sintomo fisico: uno strano e ricorrente mal di testa, mal di pancia, reazione cutanea…
Non facciamo caso alle coincidenze di quando si presenta, né dubitiamo che la sua origine possa essere organica, eppure qualche volta non è così. Un’altra forma che può assumere un disagio psicologico coi bambini o ragazzi è quella di un cambiamento nel comportamento: fa le storie, non si tiene, urla, protesta, provoca, ha dei comportamenti bizzarri… In realtà sta cercando di mostrare ai genitori, e a chi gli sta vicino, che qualcosa non va. Ecco perché è molto importante osservare il contesto entro il quale avviene il comportamento e le persone con cui si manifesta maggiormente. E questo non per puntare il dito verso i vari contesti sociali: la famiglia, la scuola, gli amici o i parenti; ma per comprendere che esso è legato ad una dinamica relazionale e psicologica che merita la nostra attenzione.
Un bambino o ragazzino avrà molte più difficoltà di un adulto nell’esprimere che c’è qualcosa che non va a livello emotivo per varie ragioni:
1)Perché non riconosce quello che sente, non lo comprende; e se non sappiamo dargli un nome molto difficilmente sapremo comunicarlo ad altri;
2)Perché si vergogna, pensa sia sbagliato, dubita della propria sanità mentale: questo accade soprattutto agli adolescenti che hanno sempre il timore di essere “diversi”; ma può accadere anche ai bambini, dipende dal tipo di problema che hanno;
3)Perché il disagio porta a sfogarsi in qualche modo, se non accade attraverso la parola si finisce per passare all’azione (e questo non vale certo solo per i bambini o i ragazzi!).

Se pensate che andare dallo psicologo possa essere “un trauma” per il bambino vi sbagliate. Non è assolutamente diverso dalle altre visite specialistiche a cui lo sottoponete, anzi, è meno invasivo. L’incontro avviene in un contesto gioviale e familiare: può giocare, disegnare, esplorare, insomma, sentirsi a suo agio. Inoltre c’è da dire che il primo incontro è sempre bene farlo assieme ad entrambi i genitori. Le persone che si prendono maggiormente cura del bambino sono le fonti di informazione più preziose per andare a fondo del problema presentato e pertanto la loro presenza agli incontri, almeno parzialmente, risulta cruciale al buon esito delle consulenze. Io personalmente consiglio sempre il coinvolgimento di tutti e due per non creare squilibri né dal punto di vista del bimbo né da quello dei genitori stessi. Spesso per comodità uno solo dei due si fa carico della cosa, ma si è visto dalla pratica clinica che non questo non ha lo stesso impatto: insieme tutta la famiglia aiuta il bambino o il ragazzo a risolvere il problema e nell’insieme si può avere un punto di vista più equilibrato. Questo non perché un genitore voglia nascondere dei dati importanti allo specialista, ma semplicemente perché ognuno di noi vede le cose diversamente, compresi i propri figli.